domenica 3 agosto 2014

Uscire dalla crisi con la libertà del pensiero sostenibile.


Si può.

di Giulio Falco

In questo periodo di profonda e interminabile crisi economica, sembra prevalere lo sconforto e la rassegnazione piuttosto che la fiducia nel lavoro e del vivere civile. Se si affronta la questione partendo da dei concetti fondamentali forse però, le cose non sono poi così complesse e imprevedibili come sembra.
Partiamo da un assioma fondamentale, non sarà più possibile per il futuro che ci aspetta ignorare completamente la questione ambientale. Questa riflessione mi ha portato a tracciare una mappa concettuale, per mettere un po' d'ordine ai pensieri che si affollano e si disperdono a volte, su questioni che solo all'apparenza sono diverse.

 


 
In un testo molto bello, anche se impegnativo, Gregory Bateson parla di ecologia della mente1. Insieme all' idea più semplice da afferrare ossia l'ecologia applicata al mondo che ci circonda, è il concetto fondamentale da cui non si può più prescindere.
Il termine sostenibilità, aveva a che fare con il fatto di non lasciare ai nostri figli o nipoti un mondo invivibile, sfruttato fino all'osso per soddisfare i bisogni consumistici sfrenati tipici delle società occidentali opulente e potenti. Questo fino a ieri.
Oggi è palese che la bolla è scoppiata proprio qui adesso, davanti a noi. E non si tratta poi di pensare ai nostri figli come sarebbe doveroso, ma difficile per qualcuno, ma garantire anche a noi stessi una sopravvivenza adeguata e dignitosa.
Senza la globalizzazione si poteva senza troppi rimorsi, andare a sporcare il paese di qualcun altro, sfruttare le risorse o esportare la pace armata. Colonizzare gli incivili con la nostra supposta cultura.
Dovrebbe essere ormai evidente anche ai più miopi e distratti che questo sistema non può più funzionare. I nuovi paesi emergenti, non aspettano altro che invertire la tendenza, non preoccupandosi troppo dei fardelli e costi della così detta democrazia.
Se si desidera giocare la partita su questo piano, i paesi occidentali hanno già perso ancora prima di iniziare. Ma tutto fa credere che questa sia la strategia delle classi dominanti in occidente, o almeno in alcuni paesi europei.
Cosa c'entra in tutto questo il termine 'autopoiesi' ?
La parola è stata coniata dagli scienziati cileni Maturana e Varela, nello studio delle caratteristiche essenziali della vita.2
Significa essenzialmente autocontrollo o meglio auto produzione delle proprie componenti.
Generalizzato all'attuale situazione economica, significa forse la necessità della riscoperta dell'autarchia ? Ovviamente no, in quella forma come è stata conosciuta in passato sarebbe un suicidio.
Il dilemma o apparente paradosso è che da un lato si propugna l'austerità, i tagli dei consumi, la 'spending review', e in effetti con la carenza di liquidità e il livello di imposizione fiscale tutto ciò è diventata una scelta obbligata. E dall'altro si auspica la crescita economica, che significa dare lavoro ad altri, investendo, consumando, acquistando prodotti e servizi.
Impossibile. Mi pare evidente anche senza lauree in economia, mantenendo il sistema economico politico attuale, e lo stile di vita e di pensiero correnti.
Se non vogliamo che le cose si aggiustino da sole, in modo autopoietico, con qualche bella guerra o rivoluzione violenta, dobbiamo cambiare stile e strategia.
Il controllo delle proprie componenti è la base della vita. Significa che non solo dovremmo poter controllare le componenti che maggiormente influenzano la nostra vita, quella di tutti i giorni, delle persone che lavorano, amano, si spostano e creano.
Fare in modo che producano non scorie o sfruttamento di altri mondi, che siano luoghi o persone, ma stimoli per innestare circoli virtuosi.
Ho così preso in considerazione oltre alle istituzioni altre tre componenti: il cibo, la cultura e il software.
Perché il cibo ?
Risposta: sappiamo ciò che mangiamo ? Potremmo riconvertire in orti, gli spazi che abbiamo dissennatamente cementificato ? Abolire quelle filiere che amplificano a dismisura i prezzi dei prodotti agricoli, portando sulle nostre tavole frutta che appare acerba che poi improvvisamente marcisce ?
Possiamo risparmiare sui costi relativi alla salute con una prevenzione basata sull'alimentazione ?
Qualcuno potrebbe obiettare che il discorso è utopistico e un po' populista, forse in stile un po' Grillesco e pentastellato.
Può darsi, ma rimanendo con i piedi per terrra, non credo che iniziare a coltivarsi un orto, e consumare prodotti di provenienza autoctona e della stagione corrente, possa mettere in serio pericolo i posti di lavoro delle cassiere dei supermercati. Almeno nel breve periodo.
Il problema sicuramente è culturale e di sistema. Si potrebbe sintetizzare nella necessità di conoscere come stanno le cose, senza particolari studi fantascientifici, ma solo con un bel po' di trasparenza nella condivisione delle varie iniziative in questa direzione.
Già, un tema assai delicato la trasparenza. E qui casca l'asino direbbe qualcuno. (non è lo stesso qualcuno che prima mi dava del Grillino)
Può sembrare strano, ma sapere cosa gira nei nostri computer oggi è quasi altrettanto importante che sapere cosa si mangia. E ancora più difficile da determinare.
Il codice eseguibile del software che fa funzionare i nostri computer, telefonini, tablet, che controlla la nostra salute o ci fionda nelle comunità dei social network, è di gran lunga più indecifrabile, delle etichette dei prodotti alimentari, specialmente se è tenuto nascosto con tutti i mezzi possibili, tecnici e legali.
Se non bastano questi due mezzi, si fa ricorso al 'carico da novanta': l'ignoranza e l'indifferenza.
Nessuno dei grandi produttori di queste meraviglie tecnologiche che allietano la nostra vita digitale, farà molta pubblicità o vi spiegherà che cosa è il 'software libero'. L'open source o la vera etimologia e storia del movimento 'hacker'.
La maggior parte delle persone sarà portata a credere che si tratti dei pirati informatici e correrà a comprare un antivirus.
Bene, cioè male. Si ritorna al concetto di trasparenza, utilizzare software prodotto da comunità di utenti, o produttori illuminati, che distribuiscono il codice sorgente del software, ossia la sua matrice originale, permettendo a chiunque di analizzarlo e modificarlo è un concetto che si lega perfettamente alla logica del discorso che stavamo facendo.
Per risolvere il dilemma apparentemente insormontabile fra diminuzione dei consumo e crescita, occorre osservare la cosa da un altro punto di vista, sbarazzandosi dei costi nascosti, imposti dalle strutture di controllo centralizzate che ci sovrastano.
Consumo consapevole ? Informato ? Diretto fra utente e utente, fra produttore e consumatore. Tra chi si muove per un mondo migliore e chi può fornirgli le idee le soluzioni per sostenerlo ?
Mi viene in mente un solo termine per dire tutto questo. Cultura.
Se abbiamo paura della cultura è veramente finita. Per tutti.
Se non ci sbarazziamo di chi vuole distruggerla, anche. Non è difficile scoprire di chi si tratta.
Si sono mostrati da soli. 
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1 Verso un'ecologia della mente
by Gregory Bateson
Paperback, 604 pages
Published April 5th 2000 by Adelphi (first published 1972)
ISBN 8845915352 (ISBN13: 9788845915352)

2 Autopoiesi E Cognizione: La Realizzazione Del Vivente
by Humberto R Maturana
Published 1985 by Marsilio editori
ISBN 8831747789 (ISBN13: 9788831747783)

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